Il premio Nobel per la Pace al premier etiope Abiy Ahmed
14 Ottobre 2019

«Sono onorato ed emozionato per la decisione del Comitato Nobel norvegese. La mia più profonda gratitudine va a tutti coloro che sono impegnati e lavorano per la pace. Questo premio è per l’Etiopia e il continente africano. Prospereremo in pace». Con queste parole il premier etiope Abiy Ahmed Ali ha accolto l’11 ottobre la notizia del premio Nobel per la Pace 2019, il centesimo nella storia. Il Comitato norvegese lo ha scelto «per i suoi sforzi per raggiungere la pace e la cooperazione internazionale, in particolare per la sua decisiva iniziativa per risolvere il conflitto di confine con la vicina Eritrea». «Oggi – ha scritto nella nota il Comitato di Oslo – mentre il mondo prende atto e celebra i suoi successi conferendo (ad Ahmed) il premio Nobel per la Pace, invitiamo tutti gli etiopi e gli amici dell’Etiopia a continuare a stare dalla parte della pace».
Il riconoscimento e i nove milioni di corone svedesi (circa 830mila euro) sono andati al giovane leader che, sin dal momento della sua entrata in carica, nell’aprile 2018, ha avviato una serie di riforme politiche ed economiche sia sul piano interno sia su quello regionale – su tutte la storica Dichiarazione di pace con l’Eritrea – che lo hanno fin da subito fatto diventare la nuova «speranza» dell’intero continente africano.
Il «Financial Times» lo ha definito «un incrocio tra Che Guevara e il presidente francese Emmanuel Macron» e ha fatto scoppiare nel Paese il termine «Abiymania».
Ahmed è il dodicesimo africano a vincere il Nobel per la pace dopo Albert John Lutuli, politico e attivista sudafricano fautore della non-violenza; Anwar al Sadat, presidente dell’Egitto dal 1970 al 1981; Desmond Tutu, attivista sudafricano contro l’apartheid; Frederik de Klerk, presidente del Sudafrica dal 1989 al 1994; Nelson Mandela, presidente del Sudafrica dal 1994 al 1999; Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite dal 1997 al 2006; l’attivista keniota Wangari Maathai; Mohamed El Baradei, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) dal 1997 al 2009; Ellen Johnson Sirleaf, presidente della Liberia dal 2006 al 2018; il Quartetto per il dialogo nazionale della Tunisia; Denis Mukwege, medico e attivista congolese.

Nato nel 1976 a Beshasha nello Stato regionale dell’Oromia nel Sud-Ovest, dove vive il più grande gruppo etnico del Paese, gli oromi. È cresciuto in una famiglia multiculturale con madre amara – l’altro grande gruppo etnico del Paese – di religione cristiana ortodossa e padre musulmano oromo. Ha studiato informatica e crittografia ed è entrato giovane nell’esercito. Durante la carriera militare ha lavorato nelle comunicazioni e nell’intelligence. Nel 2007 è uno dei cofondatori dei nuovi servizi segreti etiopici, l’Ethiopian Information Network Security Agency (Insa), di cui è sin da subito vicedirettore, per poi ricoprire dal 2008 al 2010 il ruolo di direttore. È stato ministro della Scienza e della Tecnologia nel 2015 e nell’aprile 2018 è diventato il primo esponente dell’etnia oromo (che rappresenta circa il 32 per cento della popolazione dell’Etiopia) a ricoprire l’incarico di premier dopo decenni di dominio della minoranza tigrina, espressione del sei per cento della popolazione etiope.
Sposato, padre di tre figlie, Abiy parla fluentemente, oltre all’inglese e all’amarico (principali lingue del Paese del Corno d’Africa), oromo e tigrino, sta portando unità nazionale dopo anni di continui scontri etnici. Sin dagli inizi del suo mandato, nell’aprile 2018, ha fatto capire di voler imprimere una svolta incisiva al Paese avviando una serie di riforme che fino a pochi mesi prima sarebbero state impensabili. Ha cominciato con la liberazione di oltre seimila prigionieri politici, la rimozione dei partiti di opposizione dall’elenco dei gruppi terroristici e la chiusura del carcere di Maekelawi, simbolo di anni di repressione. Poi ha sbloccato 264 siti web e blog riconducibili all’opposizione. Il suo governo ha avviato diverse riforme per la liberalizzazione dell’economia e comprende diversi ministri donna. La Repubblica federale democratica dell’Etiopia inoltre da un anno ha la prima presidente donna, Sahle-Uork Zeudé, eletta il 25 ottobre 2018.
Ma è con la storica «Dichiarazione di pace e amicizia» con l’Eritrea, firmata ad Asmara il 9 luglio 2018 con il presidente eritreo Isaias Afewerki, che il premier Ahmed si è guadagnato un posto di rilievo nella storia recente dell’Etiopia e del continente africano. La foto dell’abbraccio tra Ahmed e Afewerki ha fatto il giro del mondo, simbolico dello scioglimento delle tensioni storiche tra le due ex colonie italiane. Nei mesi successivi alla riapertura dei canali diplomatici le comunicazioni telefoniche tra i due Paesi sono state ripristinate, sono ripresi voli aerei diretti tra le due capitali e le strade per i porti eritrei di Assab e Massaua sono state riaperte, consentendo all’Etiopia di avere nuovamente sbocchi al mare.