Il Kenya, il petrolio e la sfida ecologica
5 Dicembre 2017

Il Kenya porta avanti la sfida ecologica in un futuro che parte dal petrolio. La National Environment Management Authority ha approvato la costruzione di un impianto di smaltimento dei rifiuti da quasi 4 miliardi di dollari per trattare gli scarti dell’industria petrolifera a Kanipetain nella contea di Turkana, regione del Nord dove è ampia l’attività di esplorazione e di estrazione del greggio.

Il centro convertirà i rifiuti in compost e riciclerà plastica, vetro e altri oggetti. La Northern Waste Management Services Ltd, una consociata di Environmental and Combustion Consultants Ltd (Eccl), gestirà i rifiuti pericolosi generati durante l’esplorazione del greggio nel bacino di South Lokichar nella Rift Valley (550 km a Nord-est di Nairobi) e dalla prevista produzione di combustibili fossili.

Secondo la Eccl, l’impianto di Kanipetain aumenterà la capacità di gestione dei rifiuti della contea di Turkana senza compromettere l’ambiente e la salute pubblica. Il sito è stato progettato per ricevere e smistare rifiuti pericolosi e tutti i materiali riciclabili. Dopo la cernita, i materiali di scarto che non sono riciclabili saranno spostati in contenitori speciali a Stony Athi vicino a Nairobi. L’impianto gestirà 160 tonnellate di rifiuti pericolosi al giorno.

Sotto il suolo della contea giacciono circa 750 milioni di barili di petrolio, una ricchezza inimmaginabile. All’inizio del 2021, inizieranno i lavori per un oleodotto da 820 chilometri che collegherà Turkana alla costa del Kenya e che nel giro di pochi anni dovrebbe iniziare a generare miliardi di dollari all’anno per le casse del Paese, con almeno il cinque per cento che dovrebbe essere destinato alle comunità locali e il 20 per cento al governo della contea.

Una piccola manna, se si considera che a Turkana mancano i servizi di base, al di fuori della pastorizia ci sono poche opportunità di lavoro e circa il 90% degli 1,3 milioni di abitanti della contea vive al di sotto della soglia di povertà. Inoltre, l’80% della popolazione non ha mai frequentato la scuola.

Il Paese che ha bypassato la telefonia fissa e comunica con mobile, cerca di innovare anche nell’ecologia. Dopo tanti tentativi, il Kenya ha finalmente imposto il divieto di fabbricazione e uso di sacchetti di plastica, unendosi a più di 40 altri Paesi, tra cui Ruanda, Francia e Italia, dove sono stati totalmente vietati.

La devastazione causata dai sacchetti di plastica nel mondo è immensa. Gli esperti ritengono che 8,8 milioni di borse finiscano negli oceani ogni anno danneggiando la vita marina. In Kenya, secondo il Green Belt Movement, prima della messa al bando si utilizzavano oltre 24 milioni di sacchi di plastica al mese che rappresentano tuttora la più grande sfida per la gestione dei rifiuti solidi. Soltanto nel 2016 il Lake Nakuru National Park ha raccolto 24 tonnellate di rifiuti di plastica dal lago e dal terreno, che mettevano a rischio la vita degli animali erbivori (tra cui bufali, zebre, facoceri e rinoceronti) e dei fenicotteri.

A febbraio è stato annunciato che una società con sede a Kiambu ha iniziato le prove del primo impianto africano che converte i rifiuti di plastica di fine vita in olio combustibile sintetico commerciale. L’impianto, con una capacità di riciclare 16 tonnellate al giorno, è un primo progetto commerciale di questo tipo. L’amministratore delegato della compagnia, Rajesh Kent, afferma che la tecnologia ha la capacità di convertire tutti i tipi di plastica, compresi i rifiuti a scartamento sottile al di sotto dei 30 micron. La raccolta di rifiuti di plastica, che è la principale materia prima necessaria per l’impianto, dovrebbe creare oltre 1.500 posti di lavoro indiretti e altri 65 posti di lavoro diretti.

Fonti: Ice Addis Abeba, www.theeastafrican.co.ke, www.theborneopost.com http://www.nation.co.ke/