L’Egitto verso la normalizzazione degli investimenti esteri
6 Febbraio 2017

Segnali di ritorno alla normalità per gli investimenti esteri in Egitto. Un anno fa, le autorità del Cairo avevano limitato la quantità di dollari che aziende e investitori stranieri potevano ritirare o portare fuori dal Paese. L’obiettivo, in un periodo in cui le riserve in valuta straniera si erano dimezzate rispetto ai livelli precedenti alla rivoluzione del 2011, era quello di limitare la creazione di un mercato nero in valuta straniera. Oggi, anche grazie a un accordo con il Fondo monetario internazionale, l’afflusso di capitali stranieri sta migliorando e l’Egitto potrebbe autorizzare a rimpatriare profitti e capitali “nel prossimo periodo”. Lo ha dichiarato a metà gennaio il governatore della Banca centrale dell’Egitto (CBE), Tarek Amer.

In seguito alla Rivoluzione del 25 gennaio, anche a causa del crollo dell’industria del turismo, le riserve in valuta dell’Egitto – che nel 2010 ammontavano a 35 miliardi di dollari – si sono costantemente ridotte, fino a scendere a 19 miliardi nell’ottobre del 2016. A inizio novembre, allo scopo di attrarre valuta straniera ma anche per poter ottenere la prima tranche di aiuti internazionali da parte del Fmi, il governo del generale Fatah al Sisi ha deciso di liberalizzare il tasso di cambio e di rendere libera di fluttuare la lira egiziana, che in pochi giorni si è svalutata del 50% nei confronti del dollaro americano.

Inoltre, anche grazie agli alti tassi di interesse, stanno tornando gli investimenti esteri anche sui titoli di Stato e l’Egitto è tornato a rifinanziarsi sui mercati internazionali collocando nuovi bond. A fine dicembre sono arrivati 500 milioni di dollari. A gennaio ha emesso 4 miliardi di dollari di titoli di Stato e, a fronte di una forte domanda da parte degli investitori (13,5 miliardi di dollari), il ministero delle Finanze ha allargato l’offerta coprendo i due terzi del fabbisogno preventivato per il 2017. A inizio del 2016 nei Treasury egiziani c’erano soltanto 25 milioni di dollari, rispetto al picco di 11 miliardi prima del 2011. Il ministro delle Finanze egiziano spera di tornare al livello pre-rivoluzione entro fine anno. A fine gennaio l’agenzia statunitense Fitch ha assegnato il rating “B” all’emissione di nuove obbligazioni in dollari dell’Egitto.

Nel frattempo, il Fondo monetario internazionale ha fatto sapere che l’Egitto non dovrebbe avere problemi a ricevere la seconda tranche del programma triennale del prestito da 12 miliardi di dollari (l’importo maggiore mai concesso a un Paese del Medio Oriente). Il prestito del Fmi è legato ai risultati di una missione ricognitiva che deve valutare i progressi del programma di riforme economiche. A inizio febbraio una delegazione di funzionari è arrivata al Cairo per esaminare gli effetti delle riforme. L’istituto di Washington chiede tra l’altro l’aumento dei prezzi dell’energia e l’introduzione dell’Imposta sul valore aggiunto. In Egitto la spesa per i sussidi all’energia elettrica è raddoppiata da 1,5 miliardi a 3,4 miliardi di dollari.

Se lo squilibrio dei conti con l’estero va migliorando, il principale problema strutturale dell’economia egiziana è la dinamica dell’inflazione. Le recenti fiammate dell’indice dei prezzi al consumo nei mesi di novembre e dicembre 2016 (rispettivamente +19,4% e +23,3%o su base annua) sono in larga misura l’effetto del forte deprezzamento della valuta egiziana registrato dapprima sul mercato parallelo e, a partire da novembre, sul mercato libero. Nel 2016/17 il tasso d’inflazione medio è previsto superare il 18 per cento, per poi scendere l’anno successivo grazie alle politiche restrittive e al venir meno dell’effetto iniziale della svalutazione.