L’Egitto e gli investimenti (anche italiani) per le raffinerie del futuro
12 Novembre 2018

Si chiama Midor, che sta per Middle East Oil Refinery Company, ed è una raffineria di petrolio appena fuori Alessandria d’Egitto su cui si concentrano le aspettative del governo egiziano, che punta a rendere il Paese indipendente dal punto di vista energetico.
Dalla sua salita al potere, nel 2014, il presidente Abdel Fatah al Sisi ha dato il via a un nuovo piano di sviluppo del Paese per ridurre le importazioni di petrolio e anzi a fare dell’Egitto un esportatore di energia attraverso due vie: la prima è il potenziamento dell’upstream (cioè la fasi di esplorazione, perforazione ed estrazione) con accordi di concessione e di sfruttamento più favorevoli per gli investitori; la seconda consiste nel migliorare e sviluppare le infrastrutture, cioè le reti di distribuzione del gas e dei prodotti petroliferi, i sistemi di stoccaggio e le raffinerie (mid stream e downstream).
Nell’upstream il Cairo prevede di investire circa 10 miliardi di dollari nell’anno fiscale corrente 2018-2019, che ha preso il via lo scorso primo luglio. Lo ha annunciato il ministro del Petrolio egiziano, Tarek el Molla. «L’attuale anno fiscale vedrà l’investimento di circa 10 miliardi di dollari, destinati alla ricerca, l’esplorazione e lo sviluppo delle recenti scoperte. Per il ministro, l’ingresso delle maggiori aziende mondiali del settore nel mercato energetico egiziano «rappresenta un chiaro messaggio di fiducia verso il clima economico dell’Egitto», grazie alle riforme avviate. Nei prossimi anni, ha proseguito El Molla, «auspichiamo una crescita costante degli investimenti nel settore del petrolio e del gas, alla luce dell’incremento della firma di accordi, l’attuazione di programmi di sviluppo dei campi e la realizzazione di mega progetti per estrarre gas dalle acque profonde del Mediterraneo».
Nella strategia di migliorare il downstream si inserisce lo sblocco del progetto su Midor, che sarà potenziato per espandere la capacità produttiva della raffineria dagli attuali 115 mila barili di petrolio al giorno a 175 mila unità giornaliere. E nella partita dell’ampliamento della capacità della mega raffineria, del valore di 1,2 miliardi di dollari, l’Italia gioca un ruolo fondamentale. E’ il Gruppo Cassa depositi e prestiti ad aver finalizzato la linea di credito da 1,2 miliardi di dollari. Il finanziamento è erogato da un consorzio formato da Cdp, Crédit Agricole e Bnp Paribas, le quali hanno svolto il ruolo di mandated lead arrangers. Credit Agricole Cib agisce come Global Coordinator e Documentation Bank e Bnp Paribas agisce come Sace Facility Agent per l’operazione.
Il closing dell’operazione è avvenuto a fine ottobre con il ministro El Molla, l’ambasciatore italiano in Egitto Giampaolo Cantini e l’amministratore delegato di Sace, Alessandro Decio. Il finanziamento è stato interamente garantito da Sace con l’intervento di Simest per la stabilizzazione del tasso d’interesse. L’aggiudicataria della commessa, TechnipFMC – leader globale nelle tecnologie Subsea, Onshore, Offshore e di superficie – si avvarrà delle sub-forniture di circa un centinaio di Pmi italiane nella realizzazione dei lavori.
Questo primo finanziamento è parte di un progetto più ampio che vale 2,3 miliardi di dollari e che consentirà di aumentare del 60 per cento la capacità produttiva della raffineria, già considerata la più avanzata del continente africano. In particolare, il Cairo punta a far crescere la produzione di butano a 145 mila tonnellate all’anno, di benzene a 600 mila tonnellate annue, di gasolio a un milione di tonnellate all’anno e di carboturbi a 1,3 tonnellate annue.
Un altro progetto di ampliamento che va in questa direzione è quello della raffineria Assiut situata nell’area dell’Alto Egitto, nella parte meridionale del Paese, compresa tra le località di Luxor e Assuan. In ottobre è stato firmato un contratto da 1,9 miliardi di dollari tra Assiut National Oil Processing Company (Anopc), Enppi – Engineering Co. For The Petroleum & Process Industries e Technip Italia che prevede la realizzazione dei lavori preparatori per l’impianto di idrocracking. La raffineria convertirà i combustibili pesanti di bassa qualità (Mazut) in prodotti petroliferi di alta qualità come GPL, nafta, cherosene e benzina.